Il 2020 dei tribunali fallimentari fotografato dall’osservatorio CherrySEA

Il 2020 dei tribunali italiani

La Pandemia che ha caratterizzato il 2020 è stato uno dei cambiamenti più importanti della nostra storia contemporanea, in grado di alterare la nostra quotidianità in maniera rapidissima e fondamentale: il mondo ha dovuto attrezzarsi rapidamente per adattarsi ad una “nuova normalità”, spostando la sua attenzione sul nuovo imperativo digitale, il lavoro da remoto.

In questo contesto, i tribunali fallimentari italiani hanno vissuto un periodo di “calma inaspettata”: l’insieme della chiusura al pubblico per ben 3 mesi (da marzo a giugno 2020) e delle Moratorie Covid sui finanziamenti, che hanno dato respiro alle aziende alle prese con le difficoltà causate dalla pandemia, ha portato ad una diminuzione complessiva del 30% sulle nuove procedure fallimentari aperte rispetto all’anno precedente, 7500 contro oltre 11.000, calo concentrato naturalmente nei mesi del lockdown, dove la riduzione media di nuove aperture ha raggiunto il 75%.

Questo alleggerimento di carico tuttavia non ha comportato un intervento comparabile sullo stock di pratiche pendenti: le difficoltà causate dal Covid e dalla remotizzazione del lavoro, ancora largamente “analogico” fino ai primi mesi del 2020, hanno ridotto l’efficienza media dei tribunali, che complessivamente hanno chiuso l’anno con oltre 77.000 pratiche ancora aperte, contro le 83.000 del 2019, una diminuzione di appena -7%.

 

Il rapporto tra pratiche aperte e chiuse

Come nel 2019, CherrySEA ha concentrato il suo studio sui 20 tribunali più attivi della Penisola, che cumulativamente raccolgono oltre 50% delle pratiche totali. Tra questi spiccano per dimensione Milano e Roma, primo e secondo tribunale d’Italia per numero di pratiche aperte, che hanno registrato rispettivamente 665 e 458 fallimenti, in entrambi i casi un numero molto minore rispetto all’anno scorso, con un calo del 35% a Milano e del 49% a Roma. Il tribunale che invece mostra la minore variazione percentuale è Padova, che nel 2020 ha registrato 162 nuove procedure fallimentari, “solo” 12% in meno rispetto al 2019.

    Questa diminuzione generale del numero di procedure aperte ha causato un clearance rate – il rapporto tra pratiche aperte e chiuse nel corso dell’anno – positivo per tutti i tribunali in esame, con una media intorno al 175%, un netto miglioramento quindi rispetto all’anno precedente dove un tribunale su quattro presentava un Clearance Rate inferiore al 100%, e dunque un aumento delle pratiche pendenti da un anno con l’altro.  

Il confronto con l’anno precedente

Purtroppo questo valore apparentemente molto positivo si ridimensiona notevolmente se si prendono in considerazione i numeri assoluti nel 2020 rispetto all’anno precedente: la pandemia ha inciso profondamente sulla produttività dei tribunali, che in quasi tutti i casi hanno chiuso molte meno pratiche rispetto al 2019, con estremi fino a -32% a Genova, – 35% a Torino e -40% a Monza. Questo scenario è bilanciato leggermente da tre eccezioni “virtuose”, Verona (+40%), Catania (+30%) e Padova (+4%), che però non sono sufficienti a spostare in positivo una media che per tutta l’Italia si attesta sul -10% di pratiche chiuse durante l’anno rispetto al 2019.

 

Lo stock di procedure pendenti

Monza, che ricordiamo ha sofferto profondamente la Pandemia sopratutto nelle primissime settimane di emergenza, si posiziona all’ultimo posto anche per la riduzione dello stock di pendenze: il tribunale lombardo, nonostante la diminuzione nelle nuove procedure aperte, ha chiuso il 2020 con appena il 2% in meno di pratiche rispetto all’anno precedente, stesso risultato di Cagliari e Bari che pure nel corso dell’anno hanno aperto ben 40% in meno di procedure.

L’appellativo di “virtuosi” lo ricevono i tribunali di Palermo, Treviso e Modena, che hanno aperto il 25% in meno di procedure e hanno sfruttato l’alleggerimento del carico per ridurre lo stock di pendenze del ~14%. Il tribunale di Modena inoltre risulta essere doppiamente virtuoso, chiudendo il 2020 con “appena” 762 pendenze, il secondo numero più basso tra i 20 tribunali considerati, preceduto solo da Genova che ne conta 722. Prevedibilmente dal capo opposto della classifica sono Roma e Milano, che invece chiudono l’anno del Covid con rispettivamente 4905 e 4788 pratiche in cantiere, in entrambi casi il 5% in meno rispetto al 2019.

 

I tempi della Giustizia

Il Disposition Time è la metrica adottata dalla CEPEJ – la Commissione Europea per l’efficienza della Giustizia – per valutare l’efficienza dei tribunali, un numero, in anni, che indica una stima del tempo prospettabile per la chiusura delle pratiche pendenti al termine di un determinato anno. Il Disposition Time in Italia ha risentito dello shock causato dalla Pandemia, aumentando leggermente da una media nazionale di 5,33 anni del 2019 a 5,77. In cima alla classifica dei tribunali più efficienti troviamo ancora una volta Modena, con un DT stimato a 3,39 anni, mentre fanalino di coda è Bari con un DT di oltre 12 anni.

Valutando la variazione dall’anno precedente troviamo ancora una volta Monza in fondo alla classifica, con un aumento del Disposition Time del 60%, da 5 anni nel 2019 a oltre 8 nel 2020, mentre in cima svetta Verona con un DT ridotto del 34% rispetto all’anno precedente.

 

“La Pandemia ha avuto un impatto determinante sui procedimenti fallimentari” – osserva Giovanni Bossi, founder di Cherry Srl – “da un lato il regime di moratoria, introdotto a Marzo con il Decreto Cura Italia, ha permesso di “congelare” alcuni fallimenti, dall’altro il lockdown e la conseguente chiusura dei tribunali non hanno permesso di alleggerire il carico di procedure che grava sul sistema. Se, sulla base di quando proposto dal Consiglio dei Ministri, la scadenza delle moratorie sarà prorogata a fine anno, è auspicabile che in questi mesi si possano velocizzare le procedure. Altrimenti, una volta venuti meno gli strumenti di sostegno, i tribunali si troveranno ad affrontare un’improvvisa ondata di nuovi fallimenti, le cui dimensioni non sono ancora emerse in tutta la loro evidenza”.

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